Tablinum: l’evoluzione artistica di Alessandro Mazzoni si svincola dal figurativo e dall’uso accademico dell’acquarello. I paesaggi che lo ispirano nelle prime opere sono quelli del miti provenienti da diverse parti del mondo e di cui l’artisa si è appropriato accordandoli al ritmo di una mitopoietica personalissima che lo ha portato ad accostare le proprie suggestioni interiori ai racconti del mito in quella che potremmo considerare una ricerca delle origini, un costante esercizio di esteriorizzazione che traspaiono nell’opera in un’adesione quasi nostalgica che nasce una rara consapevolezza.
Il suo è un tentativo di ghermire qualcosa che difficilmente si possa fermare definitivamente sulla tela…ed è proprio questa la forza che sembra spingere il suo pennello che inizia a raccontarci la la storia della propria interiorità intrecciandola a i suoi innarestabiili interrogativi.
I colori delicati dell’acquaerello sembrano vibrare le note di una musica delicata che si convertono nei tocchi delicati della pennellata, nelle sue vibrazioni.
Seguendo le fasi dell’opera di Mazzoni non possiamo non notare come la matericità vada a dileguarsi rapidamente “la figura è diventata una forma distraente dall’essenza delle cose: da qui l’opera di Mazzoni inizia a riflettere una ricerca ancora tutta in divenire, difficile da arrestare su un foglio utilizzando le parole; la figura si stempera nei tratti dell’acquarello, il paesaggio e l’essere umano non sono poi così diversi, in fondo tutto è ricondotto ad una forza primigenia che armonizza la tela diventa uno specchio al quale si affacciano e per un instante si fissano sensazioni e atmosfere che da sempre hanno suggestionato il suo creare; lo sfiorare le dita sulle corde di uno strumento o il pennello sulla carta diventa un gesto senza tempo; un tentativo di dipanare per immagini o suoni che altrimenti resterebbero sospesi ?
La verità diventa un costante equilibrio tra ciò che distinguiamo immeditamente come reale e ciò che invece necessità riflessione e ricerca … rappresentare il mondo sulla tela diventa per Mazzoni una questione di vibrazione: la delicata attitudine di un artista che non vuole suggerirci con delicatezza un modo per guardare al di sotto della superficie delle cose e comprenderne il profondo essenziale legame.
In questo che per stessa ammissione dell’artista, è un periodo di mutamento, cambiano anche i media da lui utilizzati per catturare quella che definisce una vibrazione, una verità che si cela laddove il nostro lato solare si eclissa in quello più lineare. E’ da qui che al via la sperimentazione che si ripiega su se stessa e sugli elementi essenziali della pittura stessa come vediamo nell’opera -installazione Mutamento in cui protagonista è il COLORE intrappolato nel vetro e che di per se è intangibile ma viene catturato qui nei suoi continui passaggi, in costante mutamento.
In questa mostra avremo l’onore di ospitare in anteprima l’installazione dell’artista Passaggio che rappresenta la materializzazione delle teorie pittoriche che influenzano l’artista: la sua è una pittura aerea cristallina che si svincola dalla materialità.
– Dipingere per dare un’esteriorità ad emozioni e sentimenti o dipingere per comunicare all’altro?
Mi piace un’arte che non sia chiaramente definita. Piuttosto che esprimere un messaggio diretto, io preferisco l’ambiguità e il mistero. Per questo motivo uso una tecnica come l’acquerello che, per definizione, non si limita a chiudere forme, ma è, al contrario aperto, trasparente, liquido. Mi piace la possibilità data dall’acquerello per far emergere le forme lentamente strato dopo strato, registrandone ogni strato sulla carta. Un altra motivazione è legata la tempo necessario per crearlo: devo iniziare e finire il dipinto nello stesso periodo di tempo, perché quando le macchie seccano si creano nuove forme che devo definire attraverso la mia immaginazione.
Per lo stesso motivo mi piace il colore su vetro che permette alla luce di filtrare attraverso il colore stesso rivelatore nuova prospettiva e un diverso senso della profondità. Le mie installazioni sono in realtà una sorta di versione tridimensionale del acquerello.
– Dipingere per dare un’esteriorità ad emozioni e sentimenti o dipingere per comunicare all’altro?
Per me la pittura (o fare arte in generale) è l’unico modo in cui l’essere umano possiede per esprimere in una forma reale e tangibile (che potrebbe essere un dipinto, una scultura, una poesia, una musica, ecc …), il mistero del mondo e la natura, rendere visibile la vibrazione nascosta energie dell’universo.
Prima di tutto quando faccio un’opera voglio essere sorpreso dal risultato. Io non cerco di esprimere qualcosa di specifico, né un sentimento né un pensiero ideologico. Invece desidero ricevere un’emozione dal lavoro che svolgo, e spero di poter trasmettere questa emozione a chi la guarda. E‘ come quando sentiamo o componiamo una musica che ci tocca profondamente dentro: emozione.
– Realtà o riflessione? Quale è prevalsa nel delineare una tua poetica?
Sono interessato a realtà, ma non la realtà superficiale che sta promuovendo il sistema dei media. Io piuttosto intendo la realtà dei sentimenti, o forse la realtà al di là nostra vista superficiale quotidiano. Una fiaba è più reale della realtà, perché può evocare la verità nascosta del nostro inconscio (personale, collettivo o mitologico): non possiamo vedere o toccare, ma la sua forza è enorme. L’arte è allo stesso modo. Capire non è importante come la sensazione, a mio avviso.
– Un momento o un incontro che hanno costituito uno stimolo decisivo per la tua carriera?
Un incontro speciale è stato quello con l’artista iraniana Shirazeh Houshiary e le sue opere, quando lavoravo per Lisson Gallery di Milano nel 2013. E ‘un artista che ci mostra la rete invisibile di energia del mondo trasportati sulla tela con strumenti molto semplici, come matite colorate o pigmento puro. La sua filosofia e le idee sono molto stimolanti e una vera e propria ispirazione per me. Ecco una frase che è emblematico del suo modo di lavorare:
“Quello che sto cercando di fare non è la pubblicità. Pubblicità ti dice esattamente quello che è. Invece l’arte non è ambiguità, si lascia scoprire, ha una possibilità ed è multidimensionale. Voglio vedere un’arte che ha l’ambiguità e mi fa pensare circa l’evoluzione del mondo e la mia evoluzione personale nel mondo che vivo e il mio posto nello spazio e nel tempo di questo universo. Così quando la gente ti danno fatto e pubblicità che in realtà uccidono la tua immaginazione. “
– Nell’evoluzione del tuo percorso artistico, c’è qualcosa verso la quale stai tendendo oggi più che in passato? Una tecnica, una ricerca tematica particolare?
Oggi la gente usa per considerare più il processo di pittura che della pittura stessa. Forse i miei dipinti sono meno ‘decorativo’ di prima, ma mi sento più vincolato all’idea di ‘rendere visibile l’invisibile’ come ho detto prima. Sto abbandonando la figura che io lntamente compendo distragga da quello che io cerco nell’arte. Tuttavia mi inteteressa evocare gli aspetti emotivi e suggestivi d’arte.
-Se dovessi scegliere un colore per rappresentarti in questo momento, quale sarebbe il tuo? perché lo reputi il più indicato?
Ho una sorta di approccio fisico per determinati colori. I colori hanno un grande impatto sulla nostra mente e l’anima e perciò tendono ad evitare colori che mi fanno sentire a disagio o al contrario scelgo esattamente questi colori che tentano di affrontare il disturbo che evoca in me.
La mia tavolozza di colori tende ai verdi e ai blu, anche se in tutta la mia pittura c’è sempre una parte di bianco (luce) e nero (ombra). In particolare, il nero è fondamentale per evocare un’atmosfera o un suggerimento.
Alessandro Mazzoni nasce a Locarno nel 1987, vive e lavora tra Vacallo e Milano. Dopo aver conseguito la maturità artistica e la laurea presso la sezione pittura dell’Accademia di Belle Arti di Brera. Dal 2011 al 2014 ha ricoperto il ruolo di assistente di galleria presso Lisson Gallery di Milano. Inizia la sua carriera artistica nel 2008 e vanta già diversi premi internazionali.
Elisa Larese