Tablinum: quante declinazioni può conoscere l’arte? Tra le infinite sfumature con cui l’artista plasma la propria visione del mondo abbiamo cercato d’indagare le vie per cui si snodano le suggestioni di questi cinque scultori.
Cinque. Un numero non certo casuale, simbolicamente evocativo che fin dai tempi antichi è associato all’atto di sperimentare, alla conoscenza concreta dei fatti, del cambiamento, del “mutamento di stato” di una situazione.
Gli antichi greci lo riconducevano a Hermes, messaggero degli dei, tramite tra cielo e terra. Cinque sono anche i sensi che fanno da bussola all’essere umano nel corso della propria esistenza: da un punto di vista emotivo, mentale e fisico, verso una condizione sempre nuova.
Il numero cinque è simbolo di una mente polimorfa, costantemente votata all’intelligenza e alla curiosità, porta con sé la tendenza ad avvicinarsi, a volte anche in modo pericoloso, a linee di confine, di trasgressione.
Il numero cinque è legato alla quinta lettera dell’alfabeto ebraico: Hey ( ה ), che significa intuizione, illuminazione. I cabalisti, individuano tre stadi per la lettera Hey, i quali si pongono su tre livelli diversi, successivi, in merito allo sviluppo della consapevolezza dell’essere umano nell’arco di tutta la propria esistenza.
Il mistero della nascita, la totale inconsapevolezza con cui l’essere umano è “gettato” in questo mondo, viene qui superata dall’entusiasmo nello scoprire quanto di bello e fertile è presente in ciò che lo circonda. Arriviamo, qui, a intuire quella misteriosa potenza all’interno della nostra esistenza che ci sospinge oltre la contingenza, ci proietta in una nuova dimensione di consapevolezza.
Ma non dimentichiamo che questo numero conserva in sé la forza dell’auto-espressione. Infatti, le componenti fisiche corrispondenti alla capacità di parlare, sono esattamente cinque: lingua, denti, palato, labbra e gola.
Proprio per la complessa interazione tra intelletto e parola, il cinque suggerisce di utilizzare ogni tipo di disciplina interiore ed esteriore, al fine di “traghettare” la nostra personalità, da uno stato di disagio, di ricerca di un aliquid, allo stato desiderato. Solo governando bene la comunicazione, l’espressione di idee, sentimenti e fatti, è possibile giungere ad uno scambio equilibrato e crescere.
Una simbologia tanto intensa che trova le sue diverse impressioni nelle opere di questi cinque scultori; Armonia e contrasto, ricerca e sublimazione si fondono nelle loro sculture in un’esposizione che accompagna il visitatore attraverso un percorso visivo – emozionale, in una declinazione fatta di suggestioni che si concretizzano in cinque diverse anime d’artista.
«La scultura, come tutte le arti, è una via regia per
conoscere il mondo e svelarne i segreti.”
Olivier Delahaye, Le Ventre lisse, 2005
JEAN PHILIPPE VATTIER
Jean-Philippe Vattier è nato a Rouen nel 1962. La scultura in pietra è stata sempre al centro della sua vita e la sua opera. Dopo la laure in gioiellieria presso l’Ecole du Louvre di Parigi, ha aperto un negozio a Rouen, dove vende gioielli, tutti unici, di sua creazione, e fatti a mano.
La necessità di creare non è nuova: già da bambino scolpito in pietra, legno intagliato e lavorare con l’argilla.
Durante il lavoro di gioielliere professionista, Jean-Philippe Vattier rimane legato alla sua arte: il modo migliore per dare forma e significato al mondo.
Sei anni fa, Jean-Philippe Vattier scelto di passare dalle piccole pietre a modelli più grandi, al fine di dedicarsi esclusivamente alla scultura.
Jean-Philippe Vattier ha esposto – sculture fatte in argilla e in pietra – nella cappella del Carmelo a Bois-Guillaume (76) nel dicembre 2005. Da allora ha partecipato a diverse mostre di Guangzhou (Cina) nel dicembre 2008 e due volte nel Carrousel du Louvre a Parigi nel 2009.
UNA SCELTA SENSORIALE
La scelta del materiale da scolpire viene effettuata nello stesso luogo in cui si estrae la pietra: marmo di Carrara, pietra ollare dalla Cina, ma anche pietre da Brasile, India o altrove.
I criteri di selezione non sono solo il colore o le venature della pietra, ma anche la percezione dell’artista del significato più profondo della materia e il suo potenziale futuro.
JEAN PAUL LAGARRIGUE
Jean Paul Lagarrigue dal 2010 al 2012 ha realizzato nel corso di un workshop sette studi scultorei con altri scultori
Dal 2012 al 2015 ha lavorato presso il proprio atelier numerose sculture in autonomia presso il suo studio.
Nel corso degli anni ha raccolto 14 partecipazioni a fiere ed esposizioni internazionali.
CREAZIONE DIRETTA
Attraverso la tecnica del intaglio diretto l’artista crea senza preparazione (schizzi o modelli preliminari) direttamente sulla pietra.
Questo processo di creazione avviene in due fasi.
La scelta del soggetto della scultura è dettato dalla scelta della pietra e dalle sue caratteristiche generali: forma, colore, durezza.
Poi, durante i lavori di scultura, il disegno è raffinato, guidato, diretto da caratteristiche interne (guasti, inclusioni) di pietra che si rivelano in fase di lavorazione. Si tratta di una tecnica molto difficile che non ammette ripensamenti o errori da parte dell’artista.
LAURENT LAFONTAS
Nato il 7 Aprile, 1972 Scultore professionista ha approvato la Casa degli Artisti Laureato all’Università Jean Jaurès di Tolosa Adolescente, è con la creta che scopre un modo di espressione. Più tardi, durante i suoi studi, egli sviluppa le sue sperimentazioni artistiche realizzando video artistici e film di animazione. 5 anni fa, scopre il metallo. Comincia rappresentando la forza dei sentimenti, le pulsioni, le tensioni, le agonie dell’essere… Poi, dirige la sua opera a più sensualismo e realizza busti essenzialmente femminili. Allo stato attuale, si rende conto in generale le sue opere di assemblaggio di piccole parti uguali. Nelle sue ultime produzioni, mette in dubbio l’equilibrio, l’instabile, il contrasto, la differenza, il limite.
UN CORPO E UN’ANIMA DI ACCIAIO
Da diversi anni Lafontas sperimenta la realizzazioen di sculture assemblate attraverso al saldatura dell’acciaio. Le sue ultime creazioni sono soprattutto busti femminili che realizza soprattutto utilizzando chiodi e viti. rappresenta la forza dei sentimenti, le tensioni, la sensualità e i tormenti dell’animo umano.
Il metallo si fa carne e sentimento delle sue sculture.
MIEKE VAN DEN HOOGEN
Ho iniziato nel 1987 con la formazione presso l’Università di Maastricht. Nel maggio del 1991 ho finito questo studio con una mostra presso l’accademia. Dal febbraio 1992, ho aperto un mio studio prima in Elsloo, poi a Nijmegen, dove vivo dal 1997. Attraverso i miei studi presso l’Università di Maastricht, mi sono particolarmente interessato ceramica nelle possibilità espressive del piccolo frammento. Sotto la guida dei miei insegnanti Desiré Tonnaer (Maastricht) e Peter Hermans (Venray) ho studiato questa possibilità, soprattutto nella resa di oggetti monumentali.
ASIMMETRIE INTERIORI
Nel mio lavoro, spiega l’artista, le immagini femminili predominano. In queste opere mi sforzo di realizzare combinazione di elementi naturalistici, forme ed emozioni astratte. Un corpo femminile non mi interessa quanto rappresenta un ideale di bellezza, ma in quanto rappresentazione di un corpo, di cui si possono indovinare le emozioni che esso ha provato e che ho immortalato nella scultura.
La simmetria è studiatamente decstruita: quello che voglio esprimere con è un asimmetria interiore ed esteriore. Poiché queste immagini sono costruite in ceramica, i contenuti trovano la giusta espressione nel frammento. L’immagine non è solo un vaso vuoto, il corpo non è semplicemente un involucro. Tra le mie opere ci sono numerosi oggetti in ceramica. In essi l’immaginazione cede il posto al puro e piacere della forma.
Tra i miei lavori ci sono anche degli utensili, realizzati secondo le antiche tecniche indiane, a volte con una decorazione serigrafia, a volte grezze. Nel corso della cottura ad alte temperature spesso cambiano colore: da verde rame a arancio. L’espressione e la gioia che ho messo nel piatto è puramente creativa ed è questo a differenziarla dalla creazione artigianale di un oggetto quotidiano.
CARLO PAZZAGLIA
Sono nato a Bologna nel gennaio ‘52; vivo in montagna, a Sestola, al confine tra Emilia e Toscana. A 24 anni mi sono iscritto alla Facoltà di Architettura di Venezia. Ho sostenuto tutti gli esami ma non ho mai discusso la tesi. Ho fatto molti lavori; l’ultimo è stato lo scalpellino. Questo è stato la mia palestra. Da alcuni anni faccio lo scultore.
Lavoro i sassi di fiume, il ferro, il legno ed ultimamente anche il marmo, cercando di portare alla luce la loro energia vitale. Le mie sculture raccontano storie, come fossero diari della terra. Perseguo, come in tutte le mie cose, la semplicità e la sintesi. Al giorno d’oggi non è poco.
L’ ADRENALINA DELLA CREAZIONE:
Ognuno di noi è più portato per un dato materiale, vuoi per affinità elettive o perchè ha imparato a lavorare su quello; si potranno sperimentare altri materiali ma lavorare con quello è come tornare a casa.
Quando arriva l’ispirazione avverto come una scarica di adrenalina e il cuore mi dice che è quella giusta.
Nel corso del processo creativo si va dalla contentezza per aver risolto un dato problema allo scontento perchè quello che faccio non corrisponde alla visione che avevo, alla rabbia che mi prende quando demolisco anche il lavoro di un mese o la frenesia che mi fa dimenticare di mangiare.
Mi ispira l’uomo con le sue storie e la sua sofferenza. Devo molto, se non tutto, a Caravaggio, El Greco, Goya, Giacometti e Brancusi, ma ho bevuto a molte altre fonti.
Inaugurazione della mostra alla presenza degli artisti: sabato 10.10.2015 ore 19.30. Ingresso Libero
Elisa Larese