Plasmare l’argilla. Quale atto potrebbe racchiudere in se tutta l’odissea della storia dell’uomo meglio di questo?
È questo un materiale primitivo, archetipo della creazione, capace di suscitare la scintilla demiurgica che giaceva in dormiveglia nella volontà demiurgica dell’uomo. Perché sin dalle proprie origini l’uomo si è posto domande e ha iniziato a riprodurre il mondo che lo circonda. Piccolo creatore al cospetto di un mondo creato e cosegnato ai suoi sensi, alla sua conoscenza.
Mieke Van den Hoogen fa riaffiorare il significato profondo dell’atto demiurgico dell’artista che plasma un microcosmo fatto di emozioni e forme.
La sua ricerca non si discosta dallo studio attento ed esperto di tecniche arcaiche per la cottura delle forme plasmate, la colorazione con pigmenti naturali, segue le stesse regole che da millenni hanno caratterizzato la creazione di vasellame per uso domestico in civiltà soprattutto in popolazioni come quelle indiane e africane.
L’utilizzo di un materiale “povero” come la creta è senz’altro programmatica: si tratta di un materiale non nobile, utilizzato in ambito domestico e rielaborato quasi esclusivamente da mani femminili per le necessità di ogni giorno.
Un’arte che si pone in discontinuità con le opere monumentali dei grandi artisti della storia, in cui la mascolinità del marmo e domata non senza fatica. A queste opere realizzate per la via del levare Mieke Van den Hoogen antepone il gesto dolce, quasi riflessivo di un arte che si realizza per la via del porre, un gesto materno e antico quanto la storia dell’uomo, un dialogo costante fatto di riflessioni dolci e calmierate.
Anche i soggetti realizzati da questa artista parlano di una delicatezza e di una spontaneità tutta femminile.
Emblematico il ciclo dei busti di donna, sempre frammentati, e senza volto, a rappresentare le continue asimmetrie interiori che attraversano l’animo di noi donne. Abbiamo poi opere che rappresentano una duplicità interessante: qui l’oggetto d’uso quotidiano, creato per uno scopo oggettivo, pensiamo alla serie dei vasi, perde il suo valore all’interno della routine giornaliera per poi assurgere da oggetti d’uso, artefatti, a oggetti d’arte fonte di riflessione costante e non esauribile.
Importanta è il messaggio che queste tele lasciano trapelare con tutta la loro charme. E se ogni operwa d’arte è un artefatto lo è nel suo senso più vero e completo nelle opere di Mieke Van den Hoogen in cui i realizza attivamente il concetto di Arte-Facere.
Fare l’arte, crearla, plasmandola con le proprie mani, darvi forma e animarla di un messaggio che possa convogliare in sé tutti i valori dell’opera dell’artista.
(ENG) Modelling clay. Which act could contain in itself the whole odyssey of human history better than this?
This is a primal material, the archetype of creation, capable of arousing the demiurgic spark, which was drowsing in the demiurgic will of man who, from the very beginning, has questioned it and has begun to reproduce the surrounding world, becoming a small creator in the presence of a created world handed over to his perceptions and his knowledge.
In Mieke Van den Hoogen’s works, the profound meaning of the artist’s demiurgic act emerges by shaping a microcosm consisting of emotions and forms.
Her research is based on a careful and expert study of archaic techniques concerning the firing of the created forms and the colouring with natural pigments. She follows the same millenary rules, which have characterized the creation of pottery for domestic use among many civilizations, especially the Indian and African populations.
The use of a “poor” material like clay is certainly a programmatic choice: it is a non-noble material for domestic use, which is produced almost exclusively by female hands for daily needs.
Van den Hoogen breaks with the artistic tradition of the monumental works of the great artists in the past. She prefers a gentle gesture, almost a reflective maternal touch, producing art by modelling clay.
Even the subjects created by this artist present typically, delicate and spontaneous female traits.
The cycle of female busts, always fragmented and faceless, is emblematic and mirrors the continuous internal asymmetries, which exist in women’s souls. Some works present an interesting duplicity: everyday objects, produced for an objective purpose, like for example the series of vases, lose their value in the daily routine and become artistic creations, a source of constant, endless reflection.
The message that these charming works reveal is very important. If every work of art is considered an artifact, this fully applies to Mieke Van den Hoogen’s works, in which the concept of ART-FACERE is actively accomplished, which means creating works of Art with your own hands, shaping them and enriching them with a message, which can comprehend all the value of the artist’s works.
MIEKE VAN DEN HOOGEN